Nato a Catania nel 1840, fu il massimo esponente del verismo. Lo scrittore crede nel progresso ma si interessa ai vinti e ai deboli; la sua è una visione della vita tragicamente pessimistica che si pone in antitesi con l'ottimismo imperante nei suoi tempi.
Rappresenta un mondo di primitivi in lotta con il destino avverso cui inesorabilmente soccombono quando si staccano dalla religione, dalla famiglia e dal lavoro. Il linguaggio verghiano è arditamente innovatore: ricalcando la struttura sintattica siciliana, e senza mai usare il dialetto (tranne che in qualche rarissima parola), riesce a raggiungere effetti di grande coralità.