La Torre di Bissone
(dal Prologo) Ottomila, forse dieci mila torri, sparse su tutto il territorio della Sardegna, torri poderose co-struite nel secondo millennio avanti Cristo, da un popolo di cui sappiamo pochissimo. Ad immaginarle tutte in piedi, alte fino a venti metri, solide e austere, si resta increduli e ammirati e con addosso un ardente desiderio di sapere: chi era il popolo che le costruì? Come viveva? Come arrivò a concepire e, poi, a costruire monumenti tanto imponenti? Una cesura di secoli ha fatto perdere ogni memoria di quel popolo, “già antico per gli antichi”. Oggi si fanno congetture, si suppone, s’immagina, ma nessuno può dire con sicurezza chi fosse veramente e di quali risorse disponesse. Ma è possibile che un’esperienza così forte e lunga non abbia lasciato tracce nella memoria collettiva? I reperti archeologici, i riscontri scientifici, le poche testimonianze di antichi scrittori sono ben poca cosa, non riescono per nulla ad attenuare il rammarico di non poter conoscere vita quotidiana e imprese, successi e disavventure di personaggi veri con tanto di nome, di aspetto e di carattere. Per i Micenei c’è stato Omero a raccontare di Achille, Ettore e Ulisse, per i Romani c’è stato Virgilio a raccontare di Enea e di Turno; e le loro gesta, vere o no, sono diventate una grande epopea universale. Per i nuragici no. Nessuno ha tramandato per iscritto le gesta di quell’antico popolo, anche se, presumibilmente, per secoli, a voce, le loro storie sono state raccontate. Poi… il buio. Nessuno sa, però, che quelle storie continuano a circolare nell’etere e nell’inconscio isolano. Basta sapere ascoltare, magari accanto a una antica tomba, a un pozzo sacro o all’austera imponenza di un nuraghe, meglio se illuminata dal paziente, eterno cammino della luna, che continua da millenni a spandere sull’isola la sua tenue luce protettrice. Io ho provato a mettermi in ascolto e con emozione ho sentito scorrere miti e leggende, di eroi e di persone comuni vissute all’ombra di quelle torri. Mi pare utile, ora, farne partecipe anche il lettore e, perciò, riferisco qui con fedeltà tutto ciò che ho potuto recuperare. E nessuno venga a chiedermi se sia vero ciò che racconto e se davvero vaghi per boschi e radure questa voce misteriosa. A che serve chiedersi chi suggeriva ad Omero le imprese di Ulisse? Oppure se Ulisse abbia davvero accecato Polifemo o se Enea partendo da Troia sia davvero venuto nel Lazio, dando origine alla stirpe romana? È così e basta.
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La Torre di Bissone
(dal Prologo) Ottomila, forse dieci mila torri, sparse su tutto il territorio della Sardegna, torri poderose co-struite nel secondo millennio avanti Cristo, da un popolo di cui sappiamo pochissimo. Ad immaginarle tutte in piedi, alte fino a venti metri, solide e austere, si resta increduli e ammirati e con addosso un ardente desiderio di sapere: chi era il popolo che le costruì? Come viveva? Come arrivò a concepire e, poi, a costruire monumenti tanto imponenti? Una cesura di secoli ha fatto perdere ogni memoria di quel popolo, “già antico per gli antichi”. Oggi si fanno congetture, si suppone, s’immagina, ma nessuno può dire con sicurezza chi fosse veramente e di quali risorse disponesse. Ma è possibile che un’esperienza così forte e lunga non abbia lasciato tracce nella memoria collettiva? I reperti archeologici, i riscontri scientifici, le poche testimonianze di antichi scrittori sono ben poca cosa, non riescono per nulla ad attenuare il rammarico di non poter conoscere vita quotidiana e imprese, successi e disavventure di personaggi veri con tanto di nome, di aspetto e di carattere. Per i Micenei c’è stato Omero a raccontare di Achille, Ettore e Ulisse, per i Romani c’è stato Virgilio a raccontare di Enea e di Turno; e le loro gesta, vere o no, sono diventate una grande epopea universale. Per i nuragici no. Nessuno ha tramandato per iscritto le gesta di quell’antico popolo, anche se, presumibilmente, per secoli, a voce, le loro storie sono state raccontate. Poi… il buio. Nessuno sa, però, che quelle storie continuano a circolare nell’etere e nell’inconscio isolano. Basta sapere ascoltare, magari accanto a una antica tomba, a un pozzo sacro o all’austera imponenza di un nuraghe, meglio se illuminata dal paziente, eterno cammino della luna, che continua da millenni a spandere sull’isola la sua tenue luce protettrice. Io ho provato a mettermi in ascolto e con emozione ho sentito scorrere miti e leggende, di eroi e di persone comuni vissute all’ombra di quelle torri. Mi pare utile, ora, farne partecipe anche il lettore e, perciò, riferisco qui con fedeltà tutto ciò che ho potuto recuperare. E nessuno venga a chiedermi se sia vero ciò che racconto e se davvero vaghi per boschi e radure questa voce misteriosa. A che serve chiedersi chi suggeriva ad Omero le imprese di Ulisse? Oppure se Ulisse abbia davvero accecato Polifemo o se Enea partendo da Troia sia davvero venuto nel Lazio, dando origine alla stirpe romana? È così e basta.
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by Giuseppe Cau
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(dal Prologo) Ottomila, forse dieci mila torri, sparse su tutto il territorio della Sardegna, torri poderose co-struite nel secondo millennio avanti Cristo, da un popolo di cui sappiamo pochissimo. Ad immaginarle tutte in piedi, alte fino a venti metri, solide e austere, si resta increduli e ammirati e con addosso un ardente desiderio di sapere: chi era il popolo che le costruì? Come viveva? Come arrivò a concepire e, poi, a costruire monumenti tanto imponenti? Una cesura di secoli ha fatto perdere ogni memoria di quel popolo, “già antico per gli antichi”. Oggi si fanno congetture, si suppone, s’immagina, ma nessuno può dire con sicurezza chi fosse veramente e di quali risorse disponesse. Ma è possibile che un’esperienza così forte e lunga non abbia lasciato tracce nella memoria collettiva? I reperti archeologici, i riscontri scientifici, le poche testimonianze di antichi scrittori sono ben poca cosa, non riescono per nulla ad attenuare il rammarico di non poter conoscere vita quotidiana e imprese, successi e disavventure di personaggi veri con tanto di nome, di aspetto e di carattere. Per i Micenei c’è stato Omero a raccontare di Achille, Ettore e Ulisse, per i Romani c’è stato Virgilio a raccontare di Enea e di Turno; e le loro gesta, vere o no, sono diventate una grande epopea universale. Per i nuragici no. Nessuno ha tramandato per iscritto le gesta di quell’antico popolo, anche se, presumibilmente, per secoli, a voce, le loro storie sono state raccontate. Poi… il buio. Nessuno sa, però, che quelle storie continuano a circolare nell’etere e nell’inconscio isolano. Basta sapere ascoltare, magari accanto a una antica tomba, a un pozzo sacro o all’austera imponenza di un nuraghe, meglio se illuminata dal paziente, eterno cammino della luna, che continua da millenni a spandere sull’isola la sua tenue luce protettrice. Io ho provato a mettermi in ascolto e con emozione ho sentito scorrere miti e leggende, di eroi e di persone comuni vissute all’ombra di quelle torri. Mi pare utile, ora, farne partecipe anche il lettore e, perciò, riferisco qui con fedeltà tutto ciò che ho potuto recuperare. E nessuno venga a chiedermi se sia vero ciò che racconto e se davvero vaghi per boschi e radure questa voce misteriosa. A che serve chiedersi chi suggeriva ad Omero le imprese di Ulisse? Oppure se Ulisse abbia davvero accecato Polifemo o se Enea partendo da Troia sia davvero venuto nel Lazio, dando origine alla stirpe romana? È così e basta.

Product Details

ISBN-13: 9786051766072
Publisher: Giuseppe Cau
Publication date: 07/08/2015
Sold by: StreetLib SRL
Format: eBook
File size: 10 MB
Language: Italian
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