La cortina di ferro

Alla fine della seconda guerra mondiale l'Unione Sovietica si trovò a controllare gran parte dell'Europa orientale, e i suoi leader, che avevano instaurato con pugno di ferro nelle varie regioni dell'ex impero zarista un regime totalitario, non esitarono a imporlo anche ai paesi europei caduti sotto la loro occupazione. Così il tallone sovietico subentrò a quello nazifascista, e in un arco di tempo straordinariamente breve l'Est europeo venne isolato dietro una «cortina di ferro» in un senso ben più che metaforico: a separarlo dall'Occidente erano barriere e recinzioni di filo spinato sorvegliate da uomini armati. E nel 1961, l'anno in cui fu eretto il Muro di Berlino, si sarebbe detto che quel possente sbarramento fosse destinato a durare per sempre.

Anne Applebaum ricostruisce in dettaglio ogni fase dell'implacabile processo di stalinizzazione che travolse Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Germania orientale, Romania, Bulgaria, Albania e Iugoslavia, e che si realizzò attraverso il sistematico annientamento delle loro istituzioni: partiti politici, Chiesa, media e organizzazioni giovanili furono ben presto liquidati o messi al bando. In quest'opera di disarticolazione della classe politica e della società civile ebbe un ruolo fondamentale, accuratamente studiato già negli anni del conflitto, la polizia segreta, abile e spietata nell'individuare e soffocare ogni forma di opposizione o di potenziale dissenso. A tale scopo, rivelando impressionanti affinità con il Terzo Reich, gli occupanti ripristinarono i campi di sterminio di Sachsenhausen, Buchenwald e Auschwitz come «campi di lavoro», senza apprezzabili differenze nel tasso di mortalità fra i detenuti.

Attingendo a materiale d'archivio divenuto accessibile solo da poco, a numerose fonti in lingua polacca, cecoslovacca, ungherese e alle testimonianze raccolte intervistando molti protagonisti di quegli anni bui, l'autrice analizza le ragioni che guidarono le scelte dei singoli individui fra le poche opzioni in gioco: collaborare con il regime imposto, subirlo passivamente o opporre una strenua resistenza, con conseguenze spesso drammatiche. Un passo avanti decisivo nella comprensione del totalitarismo nel XX secolo e del modo in cui è riuscito a plasmare la vita quotidiana e il destino di milioni di europei.

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La cortina di ferro

Alla fine della seconda guerra mondiale l'Unione Sovietica si trovò a controllare gran parte dell'Europa orientale, e i suoi leader, che avevano instaurato con pugno di ferro nelle varie regioni dell'ex impero zarista un regime totalitario, non esitarono a imporlo anche ai paesi europei caduti sotto la loro occupazione. Così il tallone sovietico subentrò a quello nazifascista, e in un arco di tempo straordinariamente breve l'Est europeo venne isolato dietro una «cortina di ferro» in un senso ben più che metaforico: a separarlo dall'Occidente erano barriere e recinzioni di filo spinato sorvegliate da uomini armati. E nel 1961, l'anno in cui fu eretto il Muro di Berlino, si sarebbe detto che quel possente sbarramento fosse destinato a durare per sempre.

Anne Applebaum ricostruisce in dettaglio ogni fase dell'implacabile processo di stalinizzazione che travolse Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Germania orientale, Romania, Bulgaria, Albania e Iugoslavia, e che si realizzò attraverso il sistematico annientamento delle loro istituzioni: partiti politici, Chiesa, media e organizzazioni giovanili furono ben presto liquidati o messi al bando. In quest'opera di disarticolazione della classe politica e della società civile ebbe un ruolo fondamentale, accuratamente studiato già negli anni del conflitto, la polizia segreta, abile e spietata nell'individuare e soffocare ogni forma di opposizione o di potenziale dissenso. A tale scopo, rivelando impressionanti affinità con il Terzo Reich, gli occupanti ripristinarono i campi di sterminio di Sachsenhausen, Buchenwald e Auschwitz come «campi di lavoro», senza apprezzabili differenze nel tasso di mortalità fra i detenuti.

Attingendo a materiale d'archivio divenuto accessibile solo da poco, a numerose fonti in lingua polacca, cecoslovacca, ungherese e alle testimonianze raccolte intervistando molti protagonisti di quegli anni bui, l'autrice analizza le ragioni che guidarono le scelte dei singoli individui fra le poche opzioni in gioco: collaborare con il regime imposto, subirlo passivamente o opporre una strenua resistenza, con conseguenze spesso drammatiche. Un passo avanti decisivo nella comprensione del totalitarismo nel XX secolo e del modo in cui è riuscito a plasmare la vita quotidiana e il destino di milioni di europei.

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Alla fine della seconda guerra mondiale l'Unione Sovietica si trovò a controllare gran parte dell'Europa orientale, e i suoi leader, che avevano instaurato con pugno di ferro nelle varie regioni dell'ex impero zarista un regime totalitario, non esitarono a imporlo anche ai paesi europei caduti sotto la loro occupazione. Così il tallone sovietico subentrò a quello nazifascista, e in un arco di tempo straordinariamente breve l'Est europeo venne isolato dietro una «cortina di ferro» in un senso ben più che metaforico: a separarlo dall'Occidente erano barriere e recinzioni di filo spinato sorvegliate da uomini armati. E nel 1961, l'anno in cui fu eretto il Muro di Berlino, si sarebbe detto che quel possente sbarramento fosse destinato a durare per sempre.

Anne Applebaum ricostruisce in dettaglio ogni fase dell'implacabile processo di stalinizzazione che travolse Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Germania orientale, Romania, Bulgaria, Albania e Iugoslavia, e che si realizzò attraverso il sistematico annientamento delle loro istituzioni: partiti politici, Chiesa, media e organizzazioni giovanili furono ben presto liquidati o messi al bando. In quest'opera di disarticolazione della classe politica e della società civile ebbe un ruolo fondamentale, accuratamente studiato già negli anni del conflitto, la polizia segreta, abile e spietata nell'individuare e soffocare ogni forma di opposizione o di potenziale dissenso. A tale scopo, rivelando impressionanti affinità con il Terzo Reich, gli occupanti ripristinarono i campi di sterminio di Sachsenhausen, Buchenwald e Auschwitz come «campi di lavoro», senza apprezzabili differenze nel tasso di mortalità fra i detenuti.

Attingendo a materiale d'archivio divenuto accessibile solo da poco, a numerose fonti in lingua polacca, cecoslovacca, ungherese e alle testimonianze raccolte intervistando molti protagonisti di quegli anni bui, l'autrice analizza le ragioni che guidarono le scelte dei singoli individui fra le poche opzioni in gioco: collaborare con il regime imposto, subirlo passivamente o opporre una strenua resistenza, con conseguenze spesso drammatiche. Un passo avanti decisivo nella comprensione del totalitarismo nel XX secolo e del modo in cui è riuscito a plasmare la vita quotidiana e il destino di milioni di europei.


Product Details

ISBN-13: 9788852073366
Publisher: MONDADORI
Publication date: 05/10/2016
Sold by: ARNOLDO MONDADORI - EBKS
Format: eBook
File size: 9 MB
Language: Italian

About the Author

About The Author
A columnist and member of the editorial board of The Washington Post, Anne Applebaum is the author of Gulag: A History, an acclaimed historical account of the Soviet concentration camp system that won the 2004 Pulitzer Prize for General Nonfiction.

Hometown:

Poland

Date of Birth:

July 25, 1964

Place of Birth:

Washington, D.C.

Education:

B.A., Yale University, 1986; M.Sc., London School of Economics, 1987; St. Antony¿s College, Oxford
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