Il lutto della malinconia: Racconto intimo
Quando non aveva ancora compiuto trent’anni, Michel Onfray subì un infarto; a cui si aggiunse poco dopo un ictus. Nel gennaio 2018, a 58 anni, un secondo ictus tardivamente diagnosticato gli suggerisce questo «racconto intimo», in cui fornisce un graffiante resoconto delle proprie vicissitudini sanitarie (ci sono pagine di diario d’ospedale buttate giù sul suo iPhone), raccontando i suoi incontri al limite del grottesco con medici incapaci e vanesi; per passare poi, in un secondo momento, a confrontarsi con la perdita del padre e della compagna, con il lutto e con il dolore. E lo fa da par suo, con un libro bruciante, intriso di rabbia e di elegia, in cui si scaglia contro l’ipocrisia dei cosiddetti amici che lo hanno lasciato solo e poi ricorda con tenerezza struggente la compagna, morta dopo una lunga malattia, per giungere infine a scoprire che non è vero, come si pensa abitualmente, che siamo noi a fare il lutto, cioè a elaborarlo e a dirigerlo, ma che è lui a «fare» noi: noi siamo i nostri dolori e le nostre perdite, e l’assenza non è che un altro modo della presenza. In questo libro non pessimista ma classicamente tragico, Michel Onfray ci dice che nonostante tutto, alla fine, tutto è vita e solo la vita conta.
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Il testo più personale e bruciante del popolare filosofo francese.
Quando non aveva ancora compiuto trent’anni, Michel Onfray subì un infarto; a cui si aggiunse poco dopo un ictus. Nel gennaio 2018, a 58 anni, un secondo ictus tardivamente diagnosticato gli suggerisce questo «racconto intimo», in cui fornisce un graffiante resoconto delle proprie vicissitudini sanitarie (ci sono pagine di diario d’ospedale buttate giù sul suo iPhone), raccontando i suoi incontri al limite del grottesco con medici incapaci e vanesi; per passare poi, in un secondo momento, a confrontarsi con la perdita del padre e della compagna, con il lutto e con il dolore. E lo fa da par suo, con un libro bruciante, intriso di rabbia e di elegia, in cui si scaglia contro l’ipocrisia dei cosiddetti amici che lo hanno lasciato solo e poi ricorda con tenerezza struggente la compagna, morta dopo una lunga malattia, per giungere infine a scoprire che non è vero, come si pensa abitualmente, che siamo noi a fare il lutto, cioè a elaborarlo e a dirigerlo, ma che è lui a «fare» noi: noi siamo i nostri dolori e le nostre perdite, e l’assenza non è che un altro modo della presenza. In questo libro non pessimista ma classicamente tragico, Michel Onfray ci dice che nonostante tutto, alla fine, tutto è vita e solo la vita conta.
Il lutto della malinconia: Racconto intimo
Quando non aveva ancora compiuto trent’anni, Michel Onfray subì un infarto; a cui si aggiunse poco dopo un ictus. Nel gennaio 2018, a 58 anni, un secondo ictus tardivamente diagnosticato gli suggerisce questo «racconto intimo», in cui fornisce un graffiante resoconto delle proprie vicissitudini sanitarie (ci sono pagine di diario d’ospedale buttate giù sul suo iPhone), raccontando i suoi incontri al limite del grottesco con medici incapaci e vanesi; per passare poi, in un secondo momento, a confrontarsi con la perdita del padre e della compagna, con il lutto e con il dolore. E lo fa da par suo, con un libro bruciante, intriso di rabbia e di elegia, in cui si scaglia contro l’ipocrisia dei cosiddetti amici che lo hanno lasciato solo e poi ricorda con tenerezza struggente la compagna, morta dopo una lunga malattia, per giungere infine a scoprire che non è vero, come si pensa abitualmente, che siamo noi a fare il lutto, cioè a elaborarlo e a dirigerlo, ma che è lui a «fare» noi: noi siamo i nostri dolori e le nostre perdite, e l’assenza non è che un altro modo della presenza. In questo libro non pessimista ma classicamente tragico, Michel Onfray ci dice che nonostante tutto, alla fine, tutto è vita e solo la vita conta.
Il testo più personale e bruciante del popolare filosofo francese.
Quando non aveva ancora compiuto trent’anni, Michel Onfray subì un infarto; a cui si aggiunse poco dopo un ictus. Nel gennaio 2018, a 58 anni, un secondo ictus tardivamente diagnosticato gli suggerisce questo «racconto intimo», in cui fornisce un graffiante resoconto delle proprie vicissitudini sanitarie (ci sono pagine di diario d’ospedale buttate giù sul suo iPhone), raccontando i suoi incontri al limite del grottesco con medici incapaci e vanesi; per passare poi, in un secondo momento, a confrontarsi con la perdita del padre e della compagna, con il lutto e con il dolore. E lo fa da par suo, con un libro bruciante, intriso di rabbia e di elegia, in cui si scaglia contro l’ipocrisia dei cosiddetti amici che lo hanno lasciato solo e poi ricorda con tenerezza struggente la compagna, morta dopo una lunga malattia, per giungere infine a scoprire che non è vero, come si pensa abitualmente, che siamo noi a fare il lutto, cioè a elaborarlo e a dirigerlo, ma che è lui a «fare» noi: noi siamo i nostri dolori e le nostre perdite, e l’assenza non è che un altro modo della presenza. In questo libro non pessimista ma classicamente tragico, Michel Onfray ci dice che nonostante tutto, alla fine, tutto è vita e solo la vita conta.
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Product Details
ISBN-13: | 9788833313320 |
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Publisher: | Ponte alle Grazie |
Publication date: | 06/20/2019 |
Sold by: | GeMS |
Format: | eBook |
Pages: | 128 |
File size: | 234 KB |
Language: | Italian |
About the Author
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