Le navi dei vichinghi
«Resoconto di tre viaggi immaginari, ma plausibili (interrotti da un breve, movimentato interludio di vita casalinga) affrontati da Orm il Rosso, figlio di Toste, un normanno abile, pieno di risorse, pragmatico e lievemente ipocondriaco… [Le navi dei vichinghi] fonde nelle sue pagine… tutti gli espedienti letterari sviluppati dai grandi scrittori europei nel corso del Diciannovesimo secolo… uno sguardo ironico penetrante e clemente insieme come mai si riscontra in Dickens; un’acutezza di spirito e un disincanto degni di Stendhal; un’epica impregnata della sensibilità antiepica di Tolstoj; e l’erculea spinta narrativa, agile e potente, di Alexandre Dumas. Come la metà dei grandi romanzi della tradizione europea, è corposo, violento, di grande respiro e canta di guerre, di tesori e di strabilianti imprese di uomini e di re; come l’altra metà, è intimo, famigliare e racconta del ritmo delle stagioni e della vita nei villaggi e nelle fattorie, di matrimoni, di nascite e del cuore delle donne che colgono con fin troppo intuito l’immensa presunzione di uomini e re sanguinari. Ha qualcosa da offrire a chiunque abbia l’avventura di leggerlo, e il lettore, giunto alla fine, si affezionerà all’autore Frans Bengtsson come a un amico per il resto della vita – così come ci affezioniamo a ogni compagno affidabile, capace e congeniale che incontriamo in qualsiasi grande romanzo, avventura o romanzo d’avventura. Bengtsson ci descrive il mondo intorno all’anno 1000 visto attraverso lo sguardo di chi in quei giorni ne abitò i territori più settentrionali, offrendo una ricostruzione storiografica convincente e accurata, cogliendo con sorprendente acutezza le minuzie che compongono il mosaico delle umane vanità e mostrando l’instancabile verve di un consumato narratore». Dall’introduzione di Michael Chabon
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Le navi dei vichinghi
«Resoconto di tre viaggi immaginari, ma plausibili (interrotti da un breve, movimentato interludio di vita casalinga) affrontati da Orm il Rosso, figlio di Toste, un normanno abile, pieno di risorse, pragmatico e lievemente ipocondriaco… [Le navi dei vichinghi] fonde nelle sue pagine… tutti gli espedienti letterari sviluppati dai grandi scrittori europei nel corso del Diciannovesimo secolo… uno sguardo ironico penetrante e clemente insieme come mai si riscontra in Dickens; un’acutezza di spirito e un disincanto degni di Stendhal; un’epica impregnata della sensibilità antiepica di Tolstoj; e l’erculea spinta narrativa, agile e potente, di Alexandre Dumas. Come la metà dei grandi romanzi della tradizione europea, è corposo, violento, di grande respiro e canta di guerre, di tesori e di strabilianti imprese di uomini e di re; come l’altra metà, è intimo, famigliare e racconta del ritmo delle stagioni e della vita nei villaggi e nelle fattorie, di matrimoni, di nascite e del cuore delle donne che colgono con fin troppo intuito l’immensa presunzione di uomini e re sanguinari. Ha qualcosa da offrire a chiunque abbia l’avventura di leggerlo, e il lettore, giunto alla fine, si affezionerà all’autore Frans Bengtsson come a un amico per il resto della vita – così come ci affezioniamo a ogni compagno affidabile, capace e congeniale che incontriamo in qualsiasi grande romanzo, avventura o romanzo d’avventura. Bengtsson ci descrive il mondo intorno all’anno 1000 visto attraverso lo sguardo di chi in quei giorni ne abitò i territori più settentrionali, offrendo una ricostruzione storiografica convincente e accurata, cogliendo con sorprendente acutezza le minuzie che compongono il mosaico delle umane vanità e mostrando l’instancabile verve di un consumato narratore». Dall’introduzione di Michael Chabon
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«Resoconto di tre viaggi immaginari, ma plausibili (interrotti da un breve, movimentato interludio di vita casalinga) affrontati da Orm il Rosso, figlio di Toste, un normanno abile, pieno di risorse, pragmatico e lievemente ipocondriaco… [Le navi dei vichinghi] fonde nelle sue pagine… tutti gli espedienti letterari sviluppati dai grandi scrittori europei nel corso del Diciannovesimo secolo… uno sguardo ironico penetrante e clemente insieme come mai si riscontra in Dickens; un’acutezza di spirito e un disincanto degni di Stendhal; un’epica impregnata della sensibilità antiepica di Tolstoj; e l’erculea spinta narrativa, agile e potente, di Alexandre Dumas. Come la metà dei grandi romanzi della tradizione europea, è corposo, violento, di grande respiro e canta di guerre, di tesori e di strabilianti imprese di uomini e di re; come l’altra metà, è intimo, famigliare e racconta del ritmo delle stagioni e della vita nei villaggi e nelle fattorie, di matrimoni, di nascite e del cuore delle donne che colgono con fin troppo intuito l’immensa presunzione di uomini e re sanguinari. Ha qualcosa da offrire a chiunque abbia l’avventura di leggerlo, e il lettore, giunto alla fine, si affezionerà all’autore Frans Bengtsson come a un amico per il resto della vita – così come ci affezioniamo a ogni compagno affidabile, capace e congeniale che incontriamo in qualsiasi grande romanzo, avventura o romanzo d’avventura. Bengtsson ci descrive il mondo intorno all’anno 1000 visto attraverso lo sguardo di chi in quei giorni ne abitò i territori più settentrionali, offrendo una ricostruzione storiografica convincente e accurata, cogliendo con sorprendente acutezza le minuzie che compongono il mosaico delle umane vanità e mostrando l’instancabile verve di un consumato narratore». Dall’introduzione di Michael Chabon

Product Details

ISBN-13: 9788865592243
Publisher: Beat
Publication date: 07/22/2014
Sold by: eDigita
Format: eBook
Pages: 218
File size: 741 KB
Language: Italian

About the Author

Frans Gunnar Bengtsson (4 ottobre 1894 - 19 dicembre 1954) è stato uno dei maggiori poeti e scrittori svedesi. Saggista, si occupò di François Villon, Walter Scott e Joseph Conrad e scrisse una imponente biografia di Carlo XII, il re svedese. Il libro che gli diede la fama fu però Le navi dei vichinghi (titolo originale Röde Orm) pubblicato in due parti nel 1941 e nel 1945. Amava dire: «Giovanna d’Arco, Carlo XII e Garibaldi sono le sole persone che avrei voluto conoscere. Per loro la verità era più importante dell’intrigo».
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