Storia di una capinera

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Overview

Dalla quarta di copertina: Quella delle monacazioni forzate era una piaga sociale della quale nessuno più nel periodo risorgimentale voleva sentir parlare, soprattutto nei ceti più abbienti dove la tradizione riservava al primogenito maschio tutta l'eredità della famiglia. Ancora nel 1865 vigeva la legge "O il marito, o il convento" e tante erano le famiglie, che incapaci di sostenere un matrimonio decoroso per le proprie figlie, decidevano di mandarle in convento, rassicurate dall'idea che almeno lì avrebbero avuto un futuro assicurato. Già nel Settecento Diderot aveva denunciato questa pratica di massa ne La Religiosa, dando voce alla sorella morta pazza in convento. Manzoni non aveva mancato d'includere nei Promessi sposi la sua Gertrude.

Verga decide di parlare di Maria, una personalità succube e sommessa, che preferisce lasciarsi morire piuttosto che manifestare i suoi desideri a chi avrebbe potuto aiutarla. Una delle poche interlocutrici è la sua amica Marianna, che miracolosamente riesce a sfuggire al convento quando il colera colpisce Catania e il vescovo è costretto a rimandare a casa tutte le educande. A differenza di Gertrude e Suzanne, Maria prova una certa tenerezza per il padre, malgrado tutta la distanza che ormai li separa dalla morte della madre, e a suo modo anche per la matrigna e i fratellastri, segno che la sventurata sente di essere vittima soprattutto della sua condizione socio-economica.


Product Details

ISBN-13: 9791037801104
Publisher: Silvia Licciardello Millepied Res Stupenda
Publication date: 07/31/2024
Pages: 110
Product dimensions: 5.06(w) x 7.81(h) x 0.28(d)
Language: Italian

About the Author

Giovanni Verga (Catania 1840-1922) fu autore di novelle e romanzi, il cui stile e linguaggio hanno rinnovato profondamente la narrativa italiana: è considerato il più autorevole esponente del verismo. Raggiunse la notorietà con alcuni romanzi, Eva e Tigre reale (1873) e novelle (Nedda, 1874), nei quali espresse la sua predilezione per temi legati a diversi ambienti sociali e per il gusto per una scrittura asciutta e comunicativa. Tra il 1878 e il 1881 elaborò un progetto innovatore rispetto alle esperienze precedenti, quello di trasferire nei romanzi l'attenta osservazione del mondo circostante, ponendo l'accento sui desideri degli uomini e sul loro modo di parlare. Ne I Malavoglia (1881) Verga perfezionò una tecnica narrativa caratterizzata dall'uso del discorso indiretto libero, che permette di inserire nel racconto le voci e i punti di vista dei personaggi, le loro parole semplici e la loro grammatica elementare. In Mastro don Gesualdo (1889) rispetto allo stile corale de I Malavoglia, Verga raffigurò con distacco luoghi e paesaggi lividi e desolati, specchio della miseria umana che i personaggi del romanzo rappresentano.
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